Fabrizio Carcano, in esclusiva per Superbasket, ci racconta JJ Anderson.
Se in riva all’Arno fiorentino, ancora oggi, si accenna al basket la prima parola pronunciata da chi ha i capelli ormai ingrigiti in testa e una memoria affidabile è sempre ‘Gei gei’, versione italianizzata di JJ.
Soprannome di un giocatore che ha scritto la storia, breve, della meteora fiorentina nel basket di alto livello.
Otto anni di altalena tra A1 e A2 per la Pallacanestro Firenze, tra il 1985 e il 1993, prima di una discesa nelle minors che di fatto ha cancellato il capoluogo toscano dalle mappe del basket di vertice da oltre ormai tre decenni.
Ma la storia della Pallacanestro Firenze si intreccia indissolubilmente a quella del suo unico fuoriclasse e trascinatore, Mitchell Keith Anderson, per tutti JJ.
Classe 1960, ala piccola muscolare, atletica, 203 centimetri di esplosività e movimenti felini, tiro mortifero e senso innato del canestro.
Nella nostra serie A è stato un crack vero, solcando sempre il trentello di media, anche in A1, negli anni fiorentini.
Tra il 1985 e il 1991.
Gli anni in cui a Firenze il basket esplode come passione contagiosa: il palasport è a due passi dallo stadio Franchi, per cui molti tifosi viola una volta terminato il calcio restano a Campo di Marte per il basket.
E per lui, Gei Gei.
Sono gli anni in cui Antognoni sta finendo la carriera lasciando il testimone al nuovo talento emergente di Roberto Baggio, in una Fiorentina che arranca fuori dalle prime 4-5 posizioni.
Gli anni in cui la città del Rinascimento si innamora della pallacanestro e del suo artista del parquet, il ‘Magnifico’ JJ.
Passione improvvisa, viscerale, rovente.
Nell’estate 1985 la Pallacanestro Firenze viene promossa dalla B e per restare in A2 sceglie di affidarsi all’esperienza del tecnico americano Rudy D’Amico che punta sul collaudato John Ebeling, esploso a Ferrara, e sul coetaneo 25enne Anderson, meteora nella NBA dove ha faticato nei Sixers di Erving nell’anno dell’anello, giocando poco o niente, e poi negli Utah Jazz, pur avendo iniziato da rookie con 8,9 punti a partita, prima di scivolare in fondo alla panchina.
Non è una stella NBA, Anderson, non ha mercato per la serie A, per cui accetta la proposta in A2 di Firenze pensando ad una stagione di transito in Italia per giocare tanto e fare esperienza, prima di tentare nuovamente l’avventura in NBA.
Invece a Firenze l’ala di Springfield diventa un idolo, una bandiera, per sei stagioni indimenticabili, pur con due retrocessioni dalla A1 precedute da altre promozioni dalla A2.
Nella sua ultima stagione fiorentina, nel 90-91, sarà capocannoniere della A1, viaggiando a 29 punti e 9 rimbalzi, pur senza riuscire a evitare la retrocessione in A2 alla sua Firenze e l’inizio del tramonto del basket fiorentino.
Due anni dopo la Pallacanestro Firenze scende in B, ma JJ ormai è lontano.
Prima transita in Grecia, all’Aris Salonicco, dove vince una Coppa delle Coppe, di fatto l’unico trofeo conquistato in carriera, poi torna nella nostra A2, prima a Udine, poi a Cantù, quindi un’esperienza tedesca ad Amburgo, prima del ritorno in America per iniziare la carriera di coach, con esperienze anche da vice in NBA.
Non è stato un campione che ha lasciato un’orma indelebile nel basket europeo, ma Anderson per la Pallacanestro Firenze è stato l’equivalente di Batistuta (giunto nel capoluogo toscano proprio nei giorni in cui se ne andava JJ), il bomber, il trascinatore, il leader, di una squadra non attrezzata per far sognare il pubblico ma riuscita ad accendere la passione dei fiorentini in un ciclo troppo breve, poco più di un lustro, per essere ricordato fuori dai confini toscani.
Fabrizio Carcano