Coach Poeta visto dal giornalista Mario Canfora

17 giugno 2025 17:35

Il giornalista de La Gazzetta dello Sport, redazione di Roma, pubblica sulla sua pagina Facebook un ritrattone di un ragazzo che ha davvero visto crescere, e non sono le solite frasi fatte. Si tratta proprio del Coach di Brescia.

Il bimbo che contava i punti s'è preso il basket italiano: Poeta, la magia della normalità.

Non vi racconteremo le storie di chi si alzava all'alba per tirare a un canestro e poi è arrivato nell'Nba. O di chi marinava la scuola per andare a giocare di nascosto e ha poi vinto titoli su titoli. O chi si era fatto dare le chiavi della palestra sotto casa per allenarsi a qualsiasi ora del giorno e della notte. Nulla di tutto questo. Le storie a effetto nelle prossime righe non le leggerete. Ogni tanto succede ancora che si possano fare i conti con la normalità. Quella di un ragazzo nato e cresciuto in una normalissima famiglia italiana. Nessuna ricchezza, nessuna vita agiata, nessun privilegio. Peppe Poeta è uno "Special normal", è l'emblema del perfetto ragazzo italiano. Un ragazzo ormai grandicello. Lui è la classica figura sportiva capace di ben figurare in qualsiasi cosa. Non c'è un perché, sono semplicemente quei profili tagliati per primeggiare sempre. Da giocatore. Da allenatore. E diremmo anche da dirigente, chissà. Peppe Poeta da Battipaglia, 40 anni il prossimo 12 settembre, come dicono i suoi amici più stretti è "uno che sap' campà", che dal napoletano viene tradotto in un "è uno che sa stare al mondo". Mai una parola fuori posto, mai una scostumatezza. E sorrisi, tanti sorrisi. Da mercoledì sera è il tecnico che, con Brescia, giocherà nei prossimi giorni nientemeno che la finale scudetto contro la Virtus Bologna. Tutto questo al suo primo anno da capoallenatore. Non male, vero?

Gli inizi / Il nastro da riavvolgere va molto indietro nel tempo, quando Peppe altro non era che "il figlio del professore Poeta". Di Franco, che insegnava religione al liceo classico di Eboli ma che nel tempo libero aveva l'hobby del giornalista, collaborando (anche) con Il Mattino, sempre da Battipaglia, in provincia di Salerno, la storica città delle mozzarelle che si divide la celebrità nel settore con la casertana Aversa. Ha la passione del basket, Franco. Diventa anche addetto stampa della squadra che allora si divideva tra B-1 e A-2. E Peppe, il figlio maschio (in famiglia c'è anche la sorellina Emanuela, più piccola di tre anni), lo segue ovunque. Tanto da innamorarsi di quella palla a spicchi che diventerà la protagonista della sua carriera. Lo ricordiamo personalmente nel novembre 1995, a Benevento, dove la Nazionale di basket giocò una partita amichevole contro l’Ungheria. Franco ci chiamò dalla tribuna, era proprio con Peppe, 10 anni. “Prendi qualche gadget per il ragazzino?”. Gli occhi di quel ragazzino che aveva accompagnato il papà a vedere dal vivo Myers, Coldebella, Magnifico e tanti altri, li ricordiamo benissimo. Aveva i sogni di tutti quelli della sua età. Più o meno: arrivare in Serie A ed essere il capitano di una squadra, giocare in Nazionale, vincere qualcosa, diventare allenatore in Serie A. Ebbene, Peppe ha fatto bingo. Ha centrato tutto.

Dal minibasket all'uno contro uno con Toney / Torniamo alla sua infanzia e ai ricordi in quel Palazauli di Battipaglia. Lì, una volta si ruppe il tabellone elettronico: chi fa da segnapunti con la lavagnetta tra le mani? Sì, Peppe, che normalmente durante le partite era sotto al canestro pronto ad asciugare con gli stracci il parquet intriso di sudore dei giocatori. Sì, Peppe che dal minibasket era passato a giochicchiare con quelli più grandi. Quando non si allenava con la sua squadra lo faceva con gli americani. A sei anni quando a Battipaglia per un'apparizione promozionale arrivò Sedric Toney, allora giocatore Nba, Poeta si fece avanti da volontario per sfidarlo uno contro uno. La partitella venne ripresa da una tv locale. Schizzava ovunque, la palla tra le mani non gliela toglievi davvero mai. Non parliamo di nessun gigante, eh. Ecco, torniamo all'incipit. Era un ragazzino normale. Altino, ma nulla di che. Un play, insomma. Con la vocazione per l'assist. Si capiva, però, che quegli occhi così sgranati e attenti l'avrebbero portato lontano. Da Battipaglia passa nel settore giovanile della Pallacanestro Salerno, di lui poi se ne occupa Andrea Capobianco, attuale coach dell'Italdonne, allora tecnico della prima squadra salernitana. Nel 1999 non superò le selezioni campane per il Trofeo delle Regioni: scelsero 30 giocatori, ma non lui. Pianse per una notte intera, raccontarono papà Franco e mamma Lucia. Esordisce in C1 a 14 anni, poi dopo qualche anno diventa il play titolare della squadra che intanto era approdata in B-2. Basket e studio, al liceo scientifico. Ci risiamo, null'altro che la normalità. "Quando mi dicono che ho dovuto fare dei sacrifici nella vita mi scappa da ridere. Per anni ho fatto due allenamenti al giorno, prima con la mia squadra e poi coi più grandi. La prima volta che mi hanno chiesto di fare allenamento con quelli più grandi di me è stato un sogno: ero un nanerottolo, per me l'Nba era la B2... - spiegò - Stavo anche 4 ore in palestra. Poi riprendevo il pullman e da Salerno tornavo a casa a Battipaglia. Cenavo, e poi facevo i compiti. Spesso mi alzavo all'alba per finire di studiare. Mi sono diplomato anche con buoni voti. I sacrifici nella vita li fanno altri. Io giocavo semplicemente a basket. Se dici ad un bambino che può giocare 4 ore al giorno, non è per caso felice?".

I 51 punti di Veroli / Da Salerno va a Veroli, in B1. Il coach era Stefano Salieri che non l'aveva mai visto in vita sua. Lo prese perché Massimo Faraoni - oggi segretario generale della Lega Nazionale Pallacanestro - gli suggerì quel ragazzino visto in serie C a Salerno e di tanto in tanto apparso a qualche raduno delle nazionali giovanili. Un giorno ne fa 51. Sì, 51 punti a 20 anni. È il 6 novembre 2005, e la gara è Veroli-Forlì: finirà 114-105 e Peppe chiude con 4/5 da 2 punti, 8/11 da 3, 19/21 tiri liberi, 7 recuperi, 3 assist, 12 falli subiti in 36 minuti giocati. Il giorno dopo lo chiama pure Walter Veltroni. Una telefonata di complimenti, inaspettata. Ma il politico-giornalista aveva visto la gara in tv e era rimasto colpito da quel ragazzino che sbucava e segnava da tutte le parti. Un gesto che, allora, lo imbarazzò non poco. "Mi auguro di vederti con la maglia della Virtus Roma", aggiunse. Veroli e la B-1 cominciano però ad essere troppo stretti. Il suo agente di allora, Maurizio Balducci, lo offriva sul mercato pretendendo fosse il giocatore italiano più pagato "perché è il migliore". Alla fine finisce in Abruzzo, in un club adatto per fare la gavetta. E così esordisce in Serie A nel 2006 con la canottiera di Teramo. Furono quattro anni in cui la gente comincia a conoscerlo e a volergli bene. Poi la carriera lo porterà a giocare con Virtus Bologna, Trento, Torino, Reggio Emilia e Cremona che sono state le sue squadre in oltre 15 stagioni di Serie A, mentre ha anche avuto due esperienze all'estero, in Spagna, tra Vitoria ("Sì, qui nei benefit che ogni giocatore ha, sono comprese pure le chiavi della palestra. Un’altra cultura, un’altra mentalità rispetto alla nostra. E poi ti lavano tutto, incredibile. Trovi anche stirato, quando torni dall’allenamento della mattina. Ah, e poi come alloggio mi hanno dato una villa...", specificò) e Manresa. Con Torino, Poeta vince la Coppa Italia 2018 a Firenze. In Nazionale, colleziona 119 presenze (425 punti) ed è una figura chiave in uno spogliatoio con tanti big, a cominciare da Gallinari, diventato presto suo amicone, al pari di Datome e tanti altri. Non c'è uno con cui non sia andato d'accordo, davvero. Perché Poeta è sempre un passo avanti. Come disse nella lezione da lui tenuta alla “Futurabile 2018”, ovvero l’assemblea del Gruppo Giovani Imprenditori di Torino: ”Il futuro è degli abili non degli alibi: tenere i piedi per terra, controllare l’emotività, lavorare su sé stessi e guardare con costanza in alto di fronte a sé”. Roba da farci un manifesto.

Tifa Juve, nel suo periodo torinese usciva regolarmente a cena con tanti giocatori bianconeri. Nel 2018 volò allo Stadio Bernabeu di Madrid per vedersi il ritorno del Superclasico tra Boca Juniors e River Plate. Col compagno di squadra Carlos Delfino, Poeta fu ospitato nello skybox con alcuni esponenti della Juventus: Leonardo Bonucci, Mattia Perin, Mattia De Sciglio, Giorgio Chiellini, Paulo Dybala e Rodrigo Bentancur, ex Boca. Nei mesi precedenti gli fu pure attributo un flirt con un'altra juventina storica, l'ex Miss Italia Cristina Chiabotto. "È solo una mia grandissima amica", disse smentendo la relazione. Vacanza preferita? Formentera, da sempre. E anche lì è conosciuto da tutti, in particolare calciatori.

Italia nel destino / Nel 2022, dopo l'annuncio del ritiro dal basket giocato ("Troppi acciacchi, faccio davvero fatica anche solo ad allenarmi, e se non riesci a farlo è un problema") viene chiamato dal commissario tecnico Gianmarco Pozzecco, altro suo grande amico, a far parte dello staff della nazionale italiana, in qualità di assistente. Allo stesso tempo, il 26 giugno 2022 l'Olimpia Milano ne annuncia l'inserimento nello staff tecnico del club, sempre come assistente di Ettore Messina: vince due scudetti di fila, prima di fare il salto, la scorsa estate, da capo allenatore. Ha un bel po' di offerte, ma sceglie Brescia, perché intuisce che può essere il posto giusto per non bruciarsi subito all'esordio. Arriva la finale scudetto. Per il momento. Poi, si vedrà. "In finale, incredibile. Non ci credo ancora", ci ha scritto dopo il 3-0 rifilato a Trapani. Resta un finale ancora tutto da scrivere. Non solo per capire cosa succederà tra qualche giorno, ma per decifrare la prossima tappa di un certo livello. Ve lo anticipiamo noi. Non sappiamo quando, ma Peppe Poeta diventerà, probabilmente già per il dopo-Pozzecco, l'allenatore della Nazionale. Scommettiamo?

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