Chi prenderà in mano l'azienda?
Da QN a cura di Antonio Mancinelli, il logico quesito che ci si pone l'indomani del grande vuoto creato dalla morte dello stilista. Armani ha iniziato da zero la sua attività nel 1975, finanziata con la vendita del suo Maggiolino Volkswagen, ma ancora nel 2025, Giorgio Armani S.p.A. era controllata quasi interamente dallo stilista (99,9% delle azioni). L'azienda ha chiuso il 2024 con ricavi per 2,3 miliardi di euro e un Ebitda di 398 milioni di euro, segnando una lieve flessione rispetto all'anno precedente a causa del rallentamento globale del lusso. Nonostante ciò, il gruppo ha continuato a investire massicciamente (332 milioni di euro nel 2024) per consolidare il futuro. Oggi il gruppo Armani conta circa 8.700 dipendenti (quasi 9.000 secondo altre stime) e una rete di oltre 600 store monomarca in 24 Paesi. Pur non essendo quotata in Borsa, la società è stimata valere intorno a 11-13 miliardi di dollari, con Forbes che attribuisce ad Armani personalmente un patrimonio di 11,5-12 miliardi. Questo lo ha reso negli ultimi anni uno degli uomini più ricchi del mondo (208º nella lista Forbes 2025) e il quarto d'Italia. Re Giorgio ha sempre reinvestito gran parte dei profitti nella propria azienda e in nuovi progetti. Ha lasciato scritto anche il proprio testamento aziendale: documenti del 2016 disegnano le regole post-mortem, prevedendo azionariati particolari, consigli di amministrazione forti e persino clausole sullo stile futuro – "ricercare uno stile essenziale, moderno, elegante e non ostentato". Già nel 2016 creò la Fondazione Giorgio Armani, un ente con finalità filantropiche ma soprattutto pensato come architrave di governance per il futuro della società. La Fondazione (di cui fanno parte lo stesso Armani, Dell'Orco e il banchiere Irving Bellotti) inizialmente deteneva solo lo 0,1% della Giorgio Armani S.p.A., ma – come spiegò Armani in interviste – dopo la morte ne riceverà una quota ben più sostanziosa, diventando uno degli azionisti chiave assieme ai suoi familiari. Oltre alla Fondazione, lo stilista ha predisposto un complesso statuto societario che ridisegna la struttura azionaria e i poteri interni. Senza figli, si è affidato alla sorella Rosanna, a parenti-collaboratori (Silvana e Andrea Camerana) e al braccio destro Pantaleo (detto Leo) Dell'Orco, colui che nelle ultime due sfilate è uscito a raccogliere gli applausi in vece del grande designer. Oggi il marchio è un ecosistema diversificato che spazia dai profumi ai mobili, dalla ristorazione agli hotel di lusso. Oltre alle linee di abbigliamento principali – Giorgio Armani (prima linea), Emporio Armani e Armani Exchange (lanciata nel 1991 per il segmento giovane casual) – esistono divisioni specializzate come Armani/Casa per l'arredo d'interni e il design, Armani/Fiori per le decorazioni floreali, e Armani/Dolci per i prodotti di alta pasticceria e cioccolato. La visione di lifestyle di Armani si è estesa anche al food & beverage: la società gestisce caffè, lounge e ristoranti in tutto con gli Armani/Ristorante e Armani/Caffè. Parallelamente, Armani ha coltivato anche passioni personali che si sono intrecciate coi suoi investimenti. Grande amante dello sport, nel calcio è stato a lungo vicino al mondo dell'Inter (di cui disegnò le divise formali) e della nazionale italiana, ma soprattutto ha legato il suo nome al basket: l'Olimpia Milano, la squadra più titolata d'Italia, è sponsorizzata dal 2004 con il marchio Armani (prima Armani Jeans, poi Emporio Armani). Dal 2008 Giorgio ne era divenuto proprietario e presidente onorario, rinominandola anche EA7 Emporio Armani Olimpia Milano. Un capitolo a parte meritano poi i beni di lusso personali, specchio del suo gusto raffinato. Amava il mare e la navigazione: suo il mega-yacht "Maìn", imbarcazione di 65 metri varata nel 2008, il cui nome in dialetto piacentino significa "magia", valutata circa 60 milioni di euro: trascorreva le vacanze nella sua villa sull'isola di Pantelleria, in Sicilia, oppure nella casa di St. Tropez, o ancora nella tenuta di famiglia a Broni, in Lombardia. Oltre allo yacht, tra i vezzi di Armani c'era una collezione di auto classiche e opere d'arte moderne.